Riconosciuto il danno catastrofale se la vittima è lucida, anche se solo per poche ore

Diritto Sanitario

avvocato Luigi Piero Volpe

Responsabilità medica.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza n. 23153/19

Come più volte affermato dalla Giurisprudenza (ex multis Sezioni Unite n. 15350/15), la sentenza in commento ha ribadito che, alla vittima può essere risarcito il danno biologico terminale distintamente dal danno psicologico-morale, rilevando, ai fini del riconoscimento del danno biologico terminale, il trascorrere del tempo tra la lesione e il decesso, mentre non ha importanza la presenza della lucidità della vittima, presupposto al contrario essenziale per il riconoscimento del danno morale terminale.

Ciò che rileva ai fini del riconoscimento del danno morale catastrofale è l’intensità della sofferenza morale, «a prescindere dall’apprezzabile intervallo di tempo tra lesioni e decesso» (Cass. n. 21060/16) e nel danno biologico terminale, il lasso di tempo (secondo Cass. n. 22541/17 sono sufficienti tre ore e mezza) è ritenuto elemento essenziale.

La sentenza riafferma pertanto la necessità, ai fini del riconoscimento del danno jure hereditatis, che il decesso non si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo, in quanto viene meno il soggetto cui sia riferibile il danno e al cui patrimonio sia acquisibile il credito risarcitorio;  ove, invece, un certo lasso di tempo tra l’evento e il decesso esiste «la persona è inserita nel sistema giuridico come soggetto “capace” di essere titolare di diritti con la sussistenza di un danno rapportato alla durata del tempo che separa la lesione – inferita a soggetto titolare di capacità giuridica - dalla morte, evento che, giuridicamente, sopprime la capacità giuridica».

 

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