
Responsabilità medica
Con sentenza 2 marzo 2018, n. 4928 la Corte di Cassazione riafferma i principi di distribuzione dei carichi probatori nell’ambito della responsabilità medica, anche dopo la Legge Gelli del 2017, e precisa alcuni aspetti relativi al nesso di causalità cioè tra la correlazione tra condotta ed evento.
Nel caso trattato dalla S.C., agivano in giudizio, nei confronti della struttura ospedaliera e dei medici che qui avevano operato, i genitori di un bambino affetto da una sindrome neurologica, affermando che detta patologia era stata causata dalla condotta colposa dei sanitari che operarono al momento del parto; per tali ragioni ne domandavano la condanna al risarcimento dei danni subiti dal figlio minore.
La Corte di legittimità nella sentenza chiarisce, richiamando i suoi precedenti in materia (v. Cass., 11.11.2011, n. 23564; Cass., sez. un., 11.1.2008, n. 577), che "la prova liberatoria compete ai convenuti per responsabilità professionale medica soltanto se il danneggiato abbia assolto alla prova:
1 – della esistenza del rapporto contrattuale (o da contato sociale),
2 – dell’evento dannoso (persistenza o aggravamento della patologia preesistente; insorgenza di una nuova patologia prima assente),
3 – della relazione eziologica tra la condotta (commissiva od omissiva) tenuta dai sanitari nella esecuzione della prestazione e l’evento dannoso». Nel caso in esame, la prova del nesso eziologico non è stata raggiunta.
Il nesso eziologico tra condotta sanitaria ed evento dannoso viene, dunque, a costituire onere della prova a carico del danneggiato, nel senso che questi è tenuto a prospettare detta relazione causale alla stregua di criteri rispondenti a leggi scientifiche o fondati su presunzioni logiche e dunque "astrattamente" idonei a fondare l'accertamento della causalità materiale ex artt. 40 e 41 c.p., in quanto "in concreto" l'assunto dimostrativo dovrà essere verificato in giudizio alla stregua degli elementi istruttori acquisiti. Se la verifica avrà avuto esito positivo - ad esempio perché si accerta che il ritardo nell'intervento terapeutico ha impedito di prevenire il danno -, insorgerà allora l'onere della prova del medico convenuto, diretto a contestare il proprio inadempimento colpevole (dimostrando di aver prestato lo specifico impegno in concreto esigibile nella esecuzione della prestazione) od a dimostrare la riferibilità esclusiva del danno alla esistenza di una causa determinante estranea alla sfera di controllo del medico. Pertanto, la puntuale individuazione del fattore eziologico che aveva determinato lo stato patologico del neonato, e che viene a porsi - nella prova liberatoria gravante sui debitori - come elemento dimostrativo del fatto imprevisto ed imprevedibile (caso fortuito) tale da determinare la "oggettiva impossibilità sopravvenuta" (art. 1256 c.c.) del conseguimento, attraverso la corretta esecuzione della prestazione contrattuale, del risultato utile programmato, non costitutiva elemento necessario ai fini della decisione di assoluzione dalla responsabilità dei medici e della struttura sanitaria, in quanto - secondo la ricostruzione della fattispecie concreta operata dalla Corte d'appello sulla base delle risultanze probatorie - difettava "a monte" la prova della riconducibilità eziologica della sindrome neurologica o meglio dell'evento fisiologico (ipossia/anossia) determinativo della sindrome, alla condotta dei medici intervenuti nelle fasi "intra ac post partum".
E'opportuno ricordare a proposito del nuovo doppio binario imposto dalla Legge Gelli circa la natura contrattuale della struttura e extracontrattuale del medico, che il richiamo nella norma suddetta all’obbligo di cui all’art. 2043 c.c. per l’esercente la professione sanitaria non ha nessun riflesso sulla responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, che ha concluso un contratto atipico con il paziente (o, se si preferisce, è comunque tenuta ex lege ad adempiere determinate prestazioni perché inserita nel S.S.N.) ed è chiamata a rispondere ex art. 1218 c.c. dell’inadempimento riferibile direttamente alla struttura anche quando derivi dall’operato dei suoi dipendenti e/o degli ausiliari di cui si è avvalsa.
avv. Luigi Piero Volpe